Condividiamo e consigliamo la lettura di questo importantissimo articolo, a firma di Francesco Barale e a cura di Daniela Battaglia, un viaggio alla riscoperta del clima culturale e clinico del secolo scorso che ha permesso la pubblicazione della Legge 180.

Immergendosi in un lungo periodo ricco di coscienza e di fermento, non si può non domandarsi come sia stato possibile giungere alle attuali, talvolta drammatiche, carenze dei Servizi di Salute Mentale. Secondo l’autore, la condizione attuale

è un esempio di eterogenesi dei fini. Da tutte quelle parole d’ordine rivoluzionarie, ciò che infine è derivato è una riforma della psichiatria di buon impianto, che tuttavia è andata smarrendo sempre più il suo spirito originario, per oscena scarsità di risorse, per disattenzione politica e amministrativa, ma anche per il prevalere, a poco a poco, di nuove istanze oggettualizzanti, istituzionalizzanti, protocollari.

Tuttavia, non tutto è andato perduto:

Alcune conquiste sono rimaste, importantissime: rispetto della persona; dignità del paziente psichiatrico; abolizione, con i manicomi, delle mura tra sofferenza mentale e resto della sofferenza umana… Altre conquiste si sono rivelate illusioni (ad esempio l’idea di liberare completamente la cura dalla contaminazione con l’antico mandato di protezione sociale…). Altre istanze sono state fagocitate dalla normalizzazione o da esigenze organizzative e “aziendali” ….

In molti si diffonde la convinzione pessimistica che le istanze più profonde di quella stagione, l’idea stessa di “psychiatrie communautaire” (se non altro per il tendenziale dissolversi, nelle incerte e società post-moderne, delle “comunità” stesse) siano state sostanzialmente sconfitte

Io non sono così pessimista. Penso intanto che da quelle acquisizioni fondamentali difficilmente si potrà tornare indietro. Ma anche, un po’ vichianamente, che dopo decenni di neo-kraepelinismo, di biologismo e di aziendalizzazione, abbandonate le grandi illusioni, la miseria del presente renda ancora più evidente la necessità di reimmettere vita nell’apparato riformatore della 180, recuperando quelle componenti che ne furono il “sale” e che i grandi affrontamenti ideologici di quella stagione non hanno contribuito a far sedimentare.

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